Ultimamente abbiamo discusso a lungo coi ragazzi dell'associazione a proposito del terremoto in Abruzzo, segnalando alcuni filmati realizzati per documentare il tragico evento.
D’accordo coi ragazzi abbiamo pensato, come già detto in un precedente post, di documentare un terremoto siciliano, quello del Belice, avvenuto nel 1968. Per realizzare il servizio, domenica scorsa, siamo andati coi ragazzi a Gibellina e Poggioreale per riflettere e cercare di capire sui luoghi del terremoto, insieme ai vecchi che lo ricordavano, e ai giovani, che ne avevano sentito parlare.
I ragazzi dell'associazione sono stati lasciati liberi di scattare foto, riprendere, quello che volevano. Solo in qualche caso abbiamo fornito alcune indicazioni per la creazione di un servizio giornalistico documentaristico, di tipo Retroguard Journalism.
Secondo noi, la documentazione non dovrebbe essere in nessun caso sensazionalismo, effetto immediato del protagonismo di chi confeziona il servizio.
Il suddetto protagonismo è un peccato di superbia tipico del giornalismo italiano che influenza in maniera subliminale l’approccio all’immagine dei giovani e si declina principalmente in due modi: 1) comparire continuamente nel video. Questa è una superbia che sconfina nella presunzione, dal momento che gli spettatori non sono interessati a vedere "chi", come nel caso di Placido nel video, da noi già ampiamente criticato, sul terremoto. Gli spettatori, semmai, sono interessati a vedere "cosa", per l'appunto gli effetti del terremoto; 2) raccontare continuamente quello che si vede, impedendo così la normale ripresa, per esempio dell'audio ambiente: il rumore del vento, i rumori della strada, le voci reali, nuovamente, interessa più il “cosa” che il “chi”. Qui è necessaria un'altra digressione, non possiamo non andare con la mente alla telecronaca, dai risvolti ridicoli e patetici, degli eventi che vediamo spesso in onda sulla televisione italiana come per esempio durante la cronaca dell'estrazione dei numeri del lotto. Il commentatore teleracconta: "La ragazza estrae il numero" "Ecco il numero è l'8", raccontare cioè quello che gli spettatori già vedono, ribadendo l'ovvio; l'effetto di ridondanza che ne scaturisce diventa fastidioso.
Chiaramente, di questi due vizi capitali del giornalismo italiano, anche i ragazzi sono stati vittime inconsapevoli. I servizi che nel corso degli anni hanno avuto modo di visionare, come già detto, hanno influenzato e influenzano la loro visione del mondo.
Abbiamo cercato di correggere i loro "errori" (errori, ovviamente, secondo il nostro modesto punto di vista) guidando il servizio, senza, nel contempo, mortificare la loro creatività. Questo è il servizio che ne è venuto fuori, un servizio asettico nel quale abbiamo tentato in ogni modo di attuare l'eclissi del giornalista. Chiaramente non è l'unico modo per filmare la realtà, non è neppure il più divertente probabilmente. Di sicuro non è disonesto, non è velleitario, e soprattutto non è sensazionalistico.
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